Bollette elettriche: i domestici pagano meno del resto d’Europa, non gli industriali

Bollette elettriche: i domestici pagano meno del resto d’Europa, non gli industriali

A differenza che in passato, i clienti domestici italiani con i consumi più alti non pagano più l’elettricità più cara di quelli del resto d’Europa, mentre per i consumatori industriali la bolletta elettrica resta più cara anche se il divario è in diminuzione.

E’ questa una delle molte tendenze registrate nella relazione annuale dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, Arera.

I clienti domestici

Il 2018 – mostra la relazione – conferma i significativi cambiamenti, registrati per la prima volta nel 2017, in termini di prezzi finali dell’energia elettrica per i consumatori italiani rispetto a quelli europei. In passato, i prezzi italiani per le prime due classi di consumo (consumi annui inferiori a 1.000 kWh e consumi tra 1.000 a 2.500 kWh/a) si assestavano su valori inferiori a quelli mediamente praticati nell’Area Euro, sia al netto, sia al lordo degli oneri e delle imposte. Per le classi successive, al contrario, si registravano valori più elevati, anche con differenze accentuate.

Come già nell’anno precedente, nel 2018 si assiste invece a un differenziale negativo dei prezzi italiani lordi rispetto alla media dell’Area euro, che si estende alle prime tre classi di consumo (consumi <5.000 kWh/a).

Se per la prima classe si riapre il divario, con un significativo -23% (era del -16% nel 2016) la seconda classe (consumi tra 1.000 e 2.500 kWh) conferma un differenziale del -10% a favore dei prezzi italiani e la terza (consumi tra 2.500 e 5.000 kWh) segna minime variazioni (-5% contro il -4% del 2017).

All’origine di tali dinamiche – si spiega – vi sono aumenti dei prezzi netti italiani inferiori rispetto a quelli dell’Area euro, o nel caso di alcune classi, riduzioni dei prezzi netti a fronte invece di aumenti per l’area euro. Con l’entrata in vigore della riforma delle tariffe elettriche introdotta dall’Autorità (1° gennaio 2016) ha avuto inizio il progressivo riallineamento dei corrispettivi di rete applicati alle diverse classi di consumo, che ha contribuito ad avvicinare i prezzi netti italiani a quelli medi europei, grazie al graduale superamento della previgente struttura progressiva delle tariffe.

A ciò si sono accompagnate nel 2018 le riduzioni, anch’esse più vantaggiose per il cliente italiano, della componente oneri e imposte. Tale componente mantiene una struttura non degressiva, a differenza di quanto accade in altri paesi europei.

Poiché il 97,5% dei clienti italiani si colloca nelle prime tre classi di consumo (entro i 5.000 kWh/a), e consuma il 90,5% del volume dell’energia venduta in Italia nel settore domestico, si conferma anche per il 2018 che la quasi totalità dei consumatori domestici italiani beneficia di prezzi più bassirispetto alla media dell’Area Euro.

Tra i principali paesi europei, la Germania si conferma il paese con i prezzi più alti per i clienti domestici di energia elettrica. Rispetto alla Germania, i clienti finali italiani pagano prezzi inferiori del -30% per le prime tre classi e del -20% per le ultime due. Per queste ultime, prima del 2017 erano invece i clienti italiani a pagare prezzi superiori (+25% nel 2015).

I clienti industriali

Come dicevamo, anche per il settore industriale il 2018 segna il consolidamento delle positive tendenze registrate già nel 2017. Continua infatti la riduzione del divario tra i prezzi che i clienti industriali pagano nel nostro Paese e i valori medi pagati nell’Area euro. Tuttavia, i clienti industriali continuano a pagare, anche per il 2018, prezzi più alti di quelli della media dell’Euro, per tutte le classi, a eccezione di quella a più alti consumi (70-150k kWh/a, che nel 2018 registra (-12%).

La prima classe di consumo (consumi inferiori a 20 MWh), che copre il 19,9% in termini di energia e il 36,9% in termini di punti di prelievo fatturati, è arrivata a registrare nel 2018 un differenziale in più dell’8%, pur se in netto calo rispetto al 12% del 2017 e al 33% del 2016.

Per le tre classi successive (20-500, 500-2.000, 2.000-20.000 MWh) si è passati, rispettivamente, dal +13% del 2017 al +11% del 2018, dal +19% al +9% e ancora più sensibile la riduzione del differenziale per la penultima classe, passata dal +27% al +5%.

I prezzi italiani comunque si confermano più bassi non solo, come di consueto, di tutti quelli dei consumatori industriali tedeschi (per percentuali via via crescenti al crescere della classe da -8% a -36% a eccezione della penultima), ma anche di quelli inglesi, almeno per le ultime tre classi di consumo e di quelli spagnoli, in questo caso per la prima e ultima classe. Solo rispetto alla Francia i prezzi italiani risultano sempre più elevati.

All’origine del miglioramento relativo dei prezzi finali italiani – spiega l’Arera -è la sensibile riduzione nel 2018 della componente oneri e imposte che hanno più che compensato gli aumenti dei prezzi netti italiani. Nel 2018 i prezzi lordi italiani per i clienti industriali risultano pertanto ancora in calo.

Fonte: Qualenergia.it >> http://bit.ly/2JOn1Tt

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